
Effetto Dunning-Kruger
Il paradosso di chi non sa di non sapere (e, a volte, riesce a convincerti che sia un talento)
Avete una posizione aperta per un ruolo operativo e state conducendo dei colloqui.
Dopo una serie di candidature poco convincenti, finalmente incontrate un ragazzo giovane, dai modi educati, esuberante, ma coinvolgente al punto giusto.
Comprendete immediatamente che potrebbe avere del potenziale e, forse, sembra persino sprecato per la posizione per cui si è presentato.
Così, dopo aver ascoltato le sue esperienze lavorative e le sue aspirazioni, gli ponete una domanda che vi sorge spontanea: perché ha scelto di proporsi per un ruolo che non sente davvero suo?
La sua risposta vi colpisce: vi dice che la sua vocazione è, da sempre, lavorare nelle vendite, ma nessuno ha mai creduto nelle sue capacità.
Nemmeno i suoi genitori. Per questo motivo, si è rassegnato a cercare un lavoro temporaneo, in attesa della sua grande occasione.
È certo di avere tutte le carte in regola: gli serve solo qualcuno disposto a dargli fiducia.
Dopo un paio di incontri aggiuntivi in cui si mostra coerente, motivato e desideroso di imparare, vi convincete.
Scatta qualcosa dentro di voi: “Non lo stavamo cercando... ma perché sprecare una buona occasione per coltivare quello che sembra un talento? La personalità c’è. Il resto potrà impararlo col tempo.”
Peccato che, subito dopo essere stato assunto in prova, le cose cambino.
Dal talento incompreso al disastro annunciato
Il giovane getta la maschera del personaggio che si era costruito e mostra la sua vera natura.
Non prende sul serio la formazione – che sia obbligatoria o meno –; la gentilezza lascia il posto alla maleducazione; la voglia di riscatto muta in una superbia tipica di chi si sente superiore agli altri in tutto.
Per lui, apprendere diventa un optional: è convinto di riuscire a rabbonire facilmente i potenziali clienti con “quattro frasi imparate a memoria”.
La sua sola verve è, secondo lui, in grado di fare la magia. Peccato che la vendita, quella vera, non sia uno spettacolo d’improvvisazione.
Né un siparietto comico dove due battute ben assestate possano conquistare il cuore del pubblico.
Non quel tipo di pubblico, almeno, dove la conoscenza tecnica fa la differenza.
Nei mesi di prova – i più lunghi della vostra vita – insulta i colleghi, inimicandoseli; snobba completamente il metodo; i potenziali clienti lo mettono alla porta perché non gradiscono il suo atteggiamento arrogante e aggressivo.
Insomma, fallisce su tutta la linea e, naturalmente, la colpa non è mai la sua.
L’epilogo di questa storia lo possiamo facilmente intuire.
Ma è proprio da questo esempio (e da molti altri simili) che nasce l’idea di questo articolo: per raccontare quanto possa essere pericoloso un fenomeno fin troppo diffuso, dentro e fuori le aziende: l’effetto Dunning-Kruger.
Un classico della psicologia... e delle selezioni sbagliate
Di tale comportamento ne hanno scritto ampiamente i professori David Dunning e Justin Kruger , nel loro articolo "Unskilled and Unaware of It: How Difficulties in Recognizing One's Own Incompetence Lead to Inflated Self-Assessments" (Non qualificato e inconsapevole di esserlo: come le difficoltà nel riconoscere la propria incompetenza portino ad autovalutazioni gonfiate).
In questo studio, sono riusciti a dimostrare empiricamente – attraverso una serie di esperimenti – che le persone incompetenti tendono a sovrastimare le proprie capacità in diversi ambiti, sia sociali che intellettuali, sottostimando , al contempo, le competenze di chi, invece, è più preparato di loro . Una delle principali caratteristiche delle persone affette da incompetenza è proprio questa: sono completamente incapaci di riconoscerla.
Il che non solo le porta a trarre conclusioni errate e a compiere scelte fallaci, ma le rende completamente inconsapevoli della loro scarsa conoscenza… ed estremamente rischiose in un contesto organizzativo.
Quando l’arroganza indossa il vestito buono
Nel mondo del lavoro, infatti, questo deficit può travestirsi da carisma , da ambizione o da spirito di iniziativa e, in un primo momento, può ingannare anche gli osservatori più attenti, soprattutto se in buona fede.
Pensate all’esempio raccontato poco prima: il protagonista, all’apparenza, sembra una perla rara, ma è bastato molto poco per accorgersi che, in realtà, non vi era altro che una pietra grezza (rimasta tale) nascosta sotto la superficie. Purtroppo per noi, non si tratta di un’eccezione. Anzi.
Chi lavora nell’ambito delle Risorse Umane lo sa bene: molti tra coloro che sono preda dell’effetto Dunning-Kruger, spesso, riescono a farsi scegliere, proprio grazie a quella sicurezza ostentata - di chi non sa di non sapere - che viene facilmente scambiata per competenza o, peggio ancora, per leadership naturale.
Ma attenzione! Non sempre questa distorsione cognitiva è sinonimo di arroganza.
Non sanno di non sapere: è questo è il problema
Sebbene molti casi ci portino a pensare alla variante più tossica – quella fatta di saccenza, scarsa autocritica e un ego difficile da contenere – esiste una forma temporanea di inconsapevolezza , da cui nessuno è immune.
Può capitare, infatti, che una persona sopravvaluti le proprie competenze senza alcuna malizia, ma solo perché non ha ancora gli strumenti per valutarsi in modo realistico.
In questo caso, più che di presunzione pecca d’ingenuità e questa condizione può facilmente essere superata attraverso l’esperienza, il confronto e il desiderio di migliorare.
Per citare le parole del prof. William Ian Miller : “ (...) Avere tale consapevolezza (della propria incompetenza) significherebbe già porre rimedio a gran parte del problema.”
Ed è proprio l’atteggiamento con cui si affronta l’errore di valutazione che fa la differenza.
Il vero grattacapo sorge quando non c’è alcuna volontà di mettersi in discussione; quando la sicurezza ostentata si consolida in una corazza impermeabile a ogni forma di feedback.
È allora che l’illusione della competenza può causare danni a cascata: decisioni sbagliate, progetti che naufragano, clima teso e risorse davvero capaci che si demotivano o abbandonano il campo.
E mentre queste “sicurezze malriposte” prendono piede e avanzano di grado, accade spesso un incredibile paradosso : le persone più competenti si ritrovano colpite dalla sindrome dell’impostore , che le fa continuamente dubitare di se stesse.
Ma di questo ne parleremo in un futuro articolo.
Come smascherare l’illusione
Un ultimo appunto: riconoscere chi è sotto l’effetto di Dunning-Kruger non è affatto semplice.
Tuttavia, segue spesso schemi ricorrenti.
Diffidate di chi non pone mai domande, ma ha sempre una risposta per ogni argomento; di chi, dopo una settimana di lavoro, ha già capito tutto dell’azienda; di chi non sbaglia mai – anche di fronte all’evidenza dell’errore; di chi non si mette in gioco perché si sente naturalmente portato; di chi vive ogni feedback come un affronto personale.
Ricordate: il vero talento è curioso, ma mai arrogante; chiede, si mette in discussione e ascolta con interesse; davanti a un errore cerca di capire i suoi limiti: non va a caccia di colpevoli, ma di spiegazioni; ma, più di ogni altra cosa, non ha fretta di dimostrare nulla perché lo sviluppo della competenza ha bisogno di una lunga gestazione.

Autrice
Elena Vecchiolini
Chi sono (in breve)
Mi occupo di consulenza aziendale con una spiccata passione per le persone, la gestione aziendale e la digitalizzazione.
Scrivo articoli per Kaizendo mescolando esperienza, curiosità e una sana dose di ironia. I miei temi preferiti?
Li conoscete già: HR, soft skill, strategie organizzative e tutto ciò che aiuta logica e creatività a convivere nelle scelte aziendali.
Credo nel potere delle domande (ne faccio molte), nell'istinto supportato dalla logica e nello sperimentare soluzioni che non sembrano soluzioni… finché non funzionano.
Motto personale? Non esiste un piano ben congeniato: devi saper seguire la corrente per capire come arrivare al mare.