
Chi ha paura di excel?
“E per chiudere la demo del nostro ERP di ultima generazione, confermiamo la completa esportazione in Excel, già formattato e pronto per le tabelle pivot!”
A quel punto, alzo un sopracciglio. Poi la mano.
“E se uno usasse un altro tipo di foglio di calcolo? O volesse una dashboard pronta, già pensata a monte?”
Silenzio. Qualche sguardo.
Domanda scomoda, forse un po’ impertinente. Chi non usa Excel per queste cose? E poi — sul serio? Una dashboard subito fruibile, già pronta dall’ERP?
No, no, ogni azienda è diversa, ci mancherebbe. Non si può fare un sistema informativo che vada bene a tutti. Excel è la salvezza universale, no? Fatevelo voi, così scegliete pure i colori.
Ora, chiariamo: io i fogli di calcolo li uso. Da quando c’era Lotus 1-2-3 e, quindi, parliamo del secolo scorso. Ma ogni volta che ne vedo fare un uso smodato in azienda, mi parte un campanello d’allarme. E suona forte.
Non fraintendetemi: è uno strumento eccezionale. Ma è pensato per l’individuo, per il progetto. È flessibile, veloce, personale. Appunto: personale. Quando diventa lo scheletro del sistema informativo aziendale, siamo nei guai.
Perché è fragile, modificabile, manipolabile.
Un file Excel è come una bugia gentile: basta poco per farla sembrare vera. Un valore fisso al posto di una formula? Un campo messo lì a mano? Una svista che nessuno noterà, ma che distorce un KPI chiave? E così il dato diventa un’informazione spesso distorta e fuorviante, passata attraverso il filtro di chi l’ha scritta — o di chi la vuole vendere meglio.
È qui che entra in scena il paradosso.
La possibilità di esportare tutto su Excel viene venduta come un plus, una funzionalità di libertà. In realtà, è un'ammissione implicita: “Il nostro ERP non ti dà quello che ti serve, ma ti lasciamo libero di fartelo da solo”.
Più che una feature, sembra una pezza.
Domanda scomoda, forse un po’ impertinente. Chi non usa Excel per queste cose? E poi — sul serio? Una dashboard subito fruibile, già pronta dall’ERP?
Perché è fragile, modificabile, manipolabile.
È qui che entra in scena il paradosso.
La possibilità di esportare tutto su Excel viene venduta come un plus, una funzionalità di libertà. In realtà, è un'ammissione implicita: “Il nostro ERP non ti dà quello che ti serve, ma ti lasciamo libero di fartelo da solo”.
Più che una feature, sembra una pezza.
E più fogli Excel vedo nei nodi critici di un’azienda, più mi viene voglia di chiedere:
Avete davvero chiari gli obiettivi? Avete trasformato le intenzioni strategiche in metriche stabili? Sapete distinguere un dato da una narrativa visuale con font bold su sfondo grigio? Perché, in fondo, la quantità di Excel e Word che circola in azienda è inversamente proporzionale alla sua maturità digitale. Quando si arriva davvero a una business intelligence seria, a sistemi documentali progettati con criterio, succede una cosa strana: ci si guarda indietro e ci si chiede con un misto di nostalgia e incredulità…
“Ma come facevamo, prima? Pensavamo davvero che bastasse una pivot colorata per sentirci manager?” Il punto, spesso, è che le persone confondono ciò che devono fare con come lo fanno.
I tool personali sono accattivanti e divertenti, e spesso un’ottima scusa per sembrare produttivi.
Poi arrivano i fogli di calcolo in cui l’autore stesso si perde, le presentazioni che sembrano dei Picasso in preda al panico, e testi che non farebbero passare un esame di licenza media.
Come se non bastasse l’email — mai strumento fu tanto abusato — a consumare il tempo proprio e quello altrui… Il problema non è Excel. Non è Word. Non è PowerPoint.
È che li usiamo come fossero una soluzione, quando in realtà sono solo strumenti. Comodi, familiari e rassicuranti. Ma inadatti — se non li incastri dentro un disegno più grande, se non sai dove stai andando, se ogni dato deve passare da tre mani prima di diventare informazione. E mentre continuiamo a moltiplicare i file, le versioni, i documenti che “servono solo a me ma sono fondamentali”, ci dimentichiamo la verità: ci siamo costruiti un sistema informativo parallelo, fatto di workaround, di scorciatoie e di creatività individuale. E intanto l’ERP, lì, a guardare silenzioso.
Troppo rigido per seguirci.
Troppo generico per guidarci.
Ma con un bottone bello grande:
“Esporta in Excel”.

Autore
Enrico Parolin
Chi sono (in breve)
Mi occupo di consulenza strategica con un focus su digital transformation, organizzazione del lavoro e marketing.
In Kaizendo porto metodo, struttura e una certa ossessione per i dati che parlano (e per quelli che non parlano, ma dovrebbero).
Scrivo e progetto strumenti concreti per aiutare le aziende a prendere decisioni più consapevoli, ridurre gli sprechi informativi e trasformare la complessità in qualcosa di semplice, utile e operativo.
Credo nei modelli che funzionano davvero, nella ristrutturazione creativa dei processi e nell’efficacia delle soluzioni silenziose.
Motto personale? La chiarezza è rivoluzionaria.