
Il dietro le quinte di un'azienda:
il potere nascosto delle reti informali
La vera organizzazione è quella che avviene tra le persone, non tra le caselle.
Avete mai pensato che nella vostra azienda possano coesistere due vite parallele?
Una ufficiale, fatta di ruoli e responsabilità ben definite sulla carta.
L’altra, più nascosta, ma decisamente più viva, fatta di persone che si prendono davvero carico dei problemi, anche quelli più scomodi, o, al contrario, di persone che sono in grado di boicottare processi e/o iniziative, a causa della loro cattiva influenza.
Queste due dimensioni, spesso, convivono senza parlarsi.
La prima è facile da individuare poiché riscontrabile nei documenti ufficiali: organigramma, mansionari, deleghe formali.
La seconda, invece si muove nel sottobosco aziendale in un pot-pourri di attitudini e comportamenti: c’è chi si dedica a un obiettivo comune – il bene dell’azienda – attraverso impegno e collaborazioni sincere e chi scatena silenziose guerriglie per il proprio tornaconto.
È qui che si trovano sia le sinergie più preziose che i blocchi più dannosi.
Organigramma e Sociogramma
Ecco perché, per leggere e comprendere davvero le dinamiche di un’organizzazione, non basta osservare la sua struttura ufficiale.
Serve affiancare allo schema dei ruoli un altro tipo di mappa: quella delle relazioni.
Chiunque abbia lavorato in azienda conosce già la definizione di organigramma: si tratta di una rappresentazione grafica della struttura organizzativa, che mostra le relazioni gerarchiche - e, in alcuni casi, trasversali - tra i diversi ruoli e reparti.
In pratica, definisce la catena di comando - a chi ci si debba rivolgere e per cosa - e le interazioni previste dal sistema.
Ne esistono vari modelli, ma quello più diffuso – soprattutto nelle aziende più strutturate – resta quello di tipo verticale. Se questa definizione è ormai ben radicata nell’immaginario comune, è il sociogramma a suscitare più curiosità.
Anche in questo caso, parliamo di una rappresentazione grafica, ma con un altro focus: i legami sociali tra le persone. Il sociogramma serve a mappare le interazioni reali, le connessioni informali, i flussi di fiducia, di influenza o di esclusione che attraversano i team.
Un po’ di storia
Il primo a sviluppare tale strumento fu lo psichiatra rumeno Jacob Moreno Levi, che contribuì in modo decisivo alla diffusione, nell’ambito delle scienze sociali, della sociometria.
Tale termine fu coniato in precedenza dal sociologo Adolphe Coste, ma proprio Moreno lo rielaborò aggiungendo concettualizzazioni più complesse e attribuendogli una definizione ben più ampia: un metodo per studiare la costituzione dei gruppi e la rilevanza del ruolo del singolo all’interno di essi.
Il fulcro del suo metodo si basava sulla rilevazione sociometrica – altresì detta sociogramma di Moreno – che consisteva nell’osservazione indiretta delle strutture sociali, attraverso la somministrazione di un questionario ad hoc, per mettere in luce le dinamiche relazionali fondate su tre perni fondamentali: attrazione, repulsione e reciprocità.
Nel corso degli anni, questa disciplina dal potenziale enorme è stata oggetto di approfondimenti e di riadattamenti anche in altri contesti.
Quello che a noi interessa maggiormente è la sua evoluzione in ambito aziendale.
Le cinque figure chiave della rete informale
Nell’articolo The People Who Make Organizations Go—or Stop, gli studiosi Rob Cross e Laurence Prusak, conferiscono una nuova veste al sociogramma, introducendo il concetto di “Social Network Analysis (SNA)” - l’analisi delle relazioni - e asserendo che si tratti di uno strumento fondamentale per comprendere e gestire l’intricata rete di relazioni informali che, generalmente, viene demonizzata dall’organizzazione.
Secondo gli autori, infatti, sono proprio queste connessioni e non la struttura gerarchica formale, a determinare il successo (o il fallimento) delle attività aziendali.
In particolare, questa mappatura si rende necessaria per far emergere quelle figure chiave che rappresentano i nodi vitali della rete informale. Eccole, con le loro caratteristiche (per la rappresentazione visiva, si veda l'immagine in fondo all'articolo):
- central connector (nodo centrale) → è colui al quale la maggior parte delle persone si rivolge per ottenere le informazioni, risolvere problemi o condividere aggiornamenti. Anche se non conosce personalmente la risposta, è in grado di attingere dall’intero network per trovare chi abbia la competenza necessaria per farlo. È percepito come il leader informale dell’azienda, pur non ricoprendo, di fatto, ruoli apicali;
- boundary spanner (espansore di network) → agisce da tramite tra il gruppo e il mondo esterno. È sempre alla ricerca di connessioni al di fuori - altri dipartimenti, e/o uffici dislocati in altre sedi, membri di altre organizzazioni – con cui si confronta e si consiglia per costruire alleanze strategiche o per sviluppare nuovi prodotti. È la figura ponte dell’azienda;
- information broker (il broker delle informazioni) → ha un ruolo molto simile al boundary spanner ma fa da collante tra i sottogruppi interni al network informale. Spesso lavora dietro le quinte, mantenendo viva la circolazione dell’informazione tra aree che altrimenti rimarrebbero isolate. È il polo nevralgico di unione.
- Peripheral specialist (lo specialista ai margini) → è dotato di una profonda competenza nel suo campo di specializzazione e ricopre un ruolo fondamentale nel fornire il proprio expertise in caso di necessità. Non gli piace lavorare con il resto del gruppo o con persone fuori dal proprio network. Non per disinteresse, ma perché preferisce concentrare tempo e attenzione sull’aggiornamento professionale. Viene considerato un luminare all'avanguardia nel suo ambito;
- idea broker (il broker dell’idea) → è una persona che spende poco tempo con tantissime persone massimizzando le connessioni all’interno dell'organizzazione. È davvero abile nel riconoscere opportunità facendo connessioni inaspettate tra tecnologie, mercati e persone che altrimenti non sarebbero mai venute in contatto. È il supporto creativo. (nuova figura introdotta nell’articolo “Managing Corporate Social Networks”).
Pattern disfunzionali: quando la rete si inceppa
Pensavate fosse finita qui? Invece no.
Se osservare i ruoli chiave della rete informale aiuta a comprendere meglio cosa succede davvero in azienda e ad agire per valorizzare le connessioni più efficaci, è altrettanto importante capire come è strutturata quella rete.
Nel tempo, infatti, attraverso la valutazione di innumerevoli aziende, la Social Network Analysis ha identificato diversi pattern relazionali disfunzionali che non dipendono da una singola persona ma dal modo in cui i gruppi si chiudono, si isolano o si sovraccaricano.
Questi pattern sono insidiosi perché non sono visibili nei flussi ufficiali, ma possono avere un impatto enorme sulla collaborazione, sull’innovazione e sulla circolazione delle informazioni.
Intercettarli consente di individuare i punti critici della rete, permettendo un intervento mirato al fine di ridurre il rischio di inefficienze strutturali, rallentamenti invisibili e blocchi organizzativi che si autoalimentano.
Di questo se ne parla nell’articolo “The Company behind the chart” nel quale vengono menzionate cinque configurazioni problematiche, tipiche delle reti informali aziendali:
- imploded relationship (relazioni implose) → i membri di uno specifico gruppo comunicano intensamente tra loro, precludendosi la possibilità di coltivare relazioni con altri colleghi al di fuori della cerchia. È il tipico caso di reparti molto coesi ma chiusi o di senior che proteggono e custodiscono gelosamente i propri contatti esterni, evitando di condividerli con i colleghi junior;
- Irregular communication (comunicazione irregolare) → è la situazione contraria alla precedente. I dipendenti, spesso, comunicano di più con membri di altri gruppi che con i colleghi diretti. Questo porta a una mancanza di coesione e all’affioramento di problematiche ancor più profonde che richiedono particolare attenzione (mancanza leadership, conflitti latenti...);
- Fragile structures (strutture fragili) → avviene quando due gruppi comunicano esclusivamente tra loro, ma sono disconnessi con il resto dell’organizzazione. Questa configurazione può diventare particolarmente problematica quando, per portare a termine un lavoro, è necessario il contributo di più aree di competenza;
- Holes in the network (buchi nel network) → è una configurazione che implica la mancanza di legami laddove ti aspetteresti – e che sarebbe importante - ci fossero.
Questi vuoti spesso rallentano progetti trasversali e creano dipendenze nascoste;
- Bon ties (configurazione a papillon) → questa è una problematica molto comune: molte persone fanno riferimento a un’unica figura centrale che non ricambia il flusso, generando così un eccesso di dipendenza. Questa persona ha un enorme potere informale e, se dovesse andarsene, il sistema rischierebbe di sgretolarsi e collassare.
L’organizzazione è relazione: valorizzarla, non imbrigliarla
Quindi, riepilogando il tutto, in un’organizzazione, ciò che tiene insieme le persone non è solo la gerarchia, ma la rete invisibile di relazioni quotidiane: conversazioni informali, scambi di fiducia, piccoli aiuti, resistenze silenziose.
Abbiamo visto come il sociogramma consenta di rappresentare tutto questo, rendendo visibile ciò che spesso resta sotto traccia.
Utilizzare uno strumento come la Social Network Analysis non serve solo per "studiare" l’organizzazione, ma per migliorarla.
Permette di riconoscere chi sono i veri catalizzatori di collaborazione, chi rischia di essere isolato, dove si formano silos e dove, invece, può nascere l’innovazione.
È una fotografia che aiuta a prendere decisioni più consapevoli su team, leadership, onboarding e sviluppo.
In fondo, ogni azienda è fatta di persone che si parlano – o smettono di farlo.
Mappare i legami non significa controllare, ma riconoscerne il valore: rafforzare le connessioni deboli, incentivare la comunicazione, alimentare la collaborazione necessaria allo sviluppo.
E, in certi casi, è proprio da un tratto di penna in più su un foglio che può nascere una connessione che cambia il modo in cui lavoriamo insieme.


Autrice
Elena Vecchiolini
Chi sono (in breve)
Mi occupo di consulenza aziendale con una spiccata passione per le persone, la gestione aziendale e la digitalizzazione.
Scrivo articoli per Kaizendo mescolando esperienza, curiosità e una sana dose di ironia. I miei temi preferiti?
Li conoscete già: HR, soft skill, strategie organizzative e tutto ciò che aiuta logica e creatività a convivere nelle scelte aziendali.
Credo nel potere delle domande (ne faccio molte), nell'istinto supportato dalla logica e nello sperimentare soluzioni che non sembrano soluzioni… finché non funzionano.
Motto personale? Non esiste un piano ben congeniato: devi saper seguire la corrente per capire come arrivare al mare.