Quando la digitalizzazione è solo un'illusione

Oltre la cartella condivisa: il server documentale che funziona davvero

Archiviare non basta: serve un sistema che racconti, dimostri, ritrovi.

Ancora oggi, molte aziende sono convinte che, per rendersi digitali, basti eseguire la scansione di tutti i documenti cartacei in loro possesso, assegnando a ciascun file un nome lunghissimo, pieno di parole chiave tutte molto simili tra loro, differenziate solo da una data.
Il tutto, nella ferma convinzione che così sarà facile ritrovarli.
Altre prediligono la memorizzazione delle email, con relativi allegati, direttamente nel client di posta elettronica, come se questo fosse stato concepito per fungere da sistema documentale.
Spoiler: non solo si consumano giga e giga di memoria, ma l’accesso è spesso limitato al singolo utente (o a un team, nel caso di un account condiviso) e si rischia di ritrovarsi con più versioni in bozza dello stesso documento.
Infine, ci sono aziende che si affidano a file system con cartelle condivise che sembrano la borsa di Mary Poppins: piene di file di ogni tipo e formato, su argomenti vari ed eventuali, a volte organizzati in sottocartelle più decorative che funzionali.
Questi approcci, seppur digitali nella forma, non garantiscono né ordine, né accessibilità, né – tantomeno – valore legale o gestionale delle informazioni.
Questo perché c’è ancora molta confusione tra cosa significhi davvero affrontare un processo di digitalizzazione di un documento e cosa, invece, implichi la sua semplice dematerializzazione.
Facciamo, quindi, un passo indietro e chiariamo, una volta per tutte, la differenza tra i due termini.


Dematerializzazione ≠ Digitalizzazione

Con il termine dematerializzazione s'intende l'attività di conversione di un documento dalla sua forma tangibile (cartacea) a quella intangibile (digitale).
Tuttavia, la sola scansione non conferisce al documento dignità digitale né conformità normativa.
Per conservarne il valore sostanziale e probatorio, analogo a quello del documento originario, è necessario attivare specifici processi informatici, talvolta affidati a soggetti dotati di idonea abilitazione e autorizzazione (fonte: Treccani).
Con processo di digitalizzazione, invece, si fa riferimento non solo alla creazione di documenti – altresì nativamente digitali – ma anche all’adozione di un sistema strutturato – come un server documentale – concepito per tutelarne i contenuti, facilitarne il reperimento, garantirne la conservazione nel tempo e – non da ultimo – attestarne l’autenticità.
Chiarita questa distinzione, passiamo ora a qualche consiglio pratico per affrontare un percorso di digitalizzazione documentale, evitando le trappole più comuni e valorizzando al meglio i vantaggi di un approccio realmente organizzato.
La prima cosa importante da sapere è che non tutto il materiale prodotto e/o ricevuto deve essere inserito nel server documentale.

File e documento digitale

Per comprendere meglio questo concetto, può aiutare partire da una discriminazione tutt’altro che banale: quella tra un semplice file e un documento digitale.
Nel linguaggio comune i due termini si usano spesso come sinonimi, ma in ambito documentale assumono significati ben diversi.
Un file è un contenitore di dati: un oggetto informatico che può assumere forme diverse (testi, immagini, fogli di calcolo, presentazioni...) e che, di per sé, non ha necessariamente un valore giuridico o gestionale.
Pensiamo, ad esempio, a un file Word, Excel o PowerPoint: modificabile da chiunque, non strutturato, privo di controlli sull’autenticità o sulla tracciabilità.
Un documento digitale, invece, è un file che assume rilevanza formale o probatoria.
È prodotto secondo regole e formati precisi, reso immutabile da un sistema di versioning navigabile, corredato da metadati, spesso firmato digitalmente e gestito in un sistema che ne garantisca integrità, reperibilità e conservazione nel tempo.

Ma allora, come decidere quando e cosa documentare?

Nel mare magnum indiscriminato di file, bisogna sviluppare la capacità di fare scelte consapevoli nella cernita.
Serve una vera e propria guida condivisa, basata su criteri operativi validi e conformi alla normativa vigente. Di seguito, alcune domande chiave utili per lo scopo:
  • Il contenuto ha un valore formale o probatorio?
    Se sì, va trattato come documento digitale e inserito nel sistema secondo le regole stabilite.
  • È un documento definitivo o una versione di lavoro?
    Le bozze circolanti, seppur utili nella fase operativa, non hanno dignità documentale. Solo la versione finale, approvata, deve entrare nel sistema.
  • È destinato alla conservazione a lungo termine?
    Se sì, va corredato di metadati adeguati e, se necessario, sottoposto a firma digitale o a procedura di conservazione sostitutiva, attraverso un workflow di sistema dedicato.
  • Ha necessità di essere aggiornato con un processo multiutente?
    Allora definisci un processo BPM (Business Process Management) che tracci le attività degli utenti coinvolti.
  • Deve essere accessibile ad altri reparti o utenti?
    Se la risposta è positiva, è bene posizionarlo in un’area documentale condivisa, con diritti di accesso ben definiti.
  • È un documento che può servire come riferimento in futuro (per audit, ispezioni, decisioni strategiche)?
    Se sì, è un buon candidato per l’archiviazione strutturata.
  • Esiste già un documento simile o correlato nel sistema?
    In tal caso, verifica che non sia una duplicazione o una versione non aggiornata. L'obiettivo è evitare l’effetto “matrioska di PDF” e usare il sistema di aggiornamento delle versioni.
  • La sua archiviazione ha un impatto su obblighi legali, fiscali o normativi?
    Se la risposta è sì, serve gestirlo secondo procedure che ne garantiscano conformità e tracciabilità.
  • Serve a dimostrare che una certa attività sia stata svolta (es. verbali, check-list, report)?
    Allora ha valore probatorio e conviene trattarlo come documento digitale a tutti gli effetti.
  • Se oggi cambiasse il referente, qualcun altro riuscirebbe a trovare e comprendere questo file senza dovermi chiamare?
    Domanda semplice ma illuminante: se la risposta è no, forse non hai ancora documentato davvero.
  • Il testo del documento è ricercabile o è un’immagine .pdf scansionata?
    Questa domanda è importante per capire quali tag inserire nei metadati e quali informazioni sommarie nella descrizione.
Se ti senti confuso o sopraffatto da tutte queste domande, tranquillo: è assolutamente normale.
La buona notizia è che, con un po’ di pratica, questi passaggi diventeranno parte della tua routine.
Imparerai a riconoscere, – quasi – a occhi chiusi, cosa va documentato davvero.
E ora, un ultimo consiglio.

Convenzioni: il vero cuore del sistema documentale

Un sistema documentale senza convenzioni è come una biblioteca con i libri alla rinfusa: magari bella da vedere, ma nessuno è in grado di trovarci nulla (o, forse, solo chi quella confusione l'ha creata). Stabilire convenzioni condivise significa decidere:
  • Come si nominano i file/documenti (evitando nomi del tipo Documento_finale_OK_definitivo_3_bis_VF_nuova_2021.docx);
  • Come si organizza la struttura delle cartelle;
  • Quali metadati sono obbligatori per ogni tipologia documentale;
  • Chi può creare, modificare, validare o archiviare i documenti;
  • Quali livelli di accesso vengono applicati per utenti e gruppi.
Queste regole non devono essere scolpite nella pietra, ma vanno dichiarate, documentate e aggiornate nel tempo, coinvolgendo chi usa davvero il sistema.
Perché se un server documentale diventa un labirinto, non è colpa della tecnologia: manca la progettazione.
E se hai bisogno di una mano, noi di Kaizendo siamo qui.
Senza giudicare nessuno.
Ma con un piano operativo pronto all’uso.
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Autrice
Elena Vecchiolini

Chi sono (in breve)

Mi occupo di consulenza aziendale con una spiccata passione per le persone, la gestione aziendale e la digitalizzazione.
Scrivo articoli per Kaizendo mescolando esperienza, curiosità e una sana dose di ironia. I miei temi preferiti?
Li conoscete già: HR, soft skill, strategie organizzative e tutto ciò che aiuta logica e creatività a convivere nelle scelte aziendali.
Credo nel potere delle domande (ne faccio molte), nell'istinto supportato dalla logica e nello sperimentare soluzioni che non sembrano soluzioni… finché non funzionano.
Motto personale? Non esiste un piano ben congeniato: devi saper seguire la corrente per capire come arrivare al mare.

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