Dopo mesi di riunioni, discussioni infinite e l’elaborazione di idee di varia natura su come dare più struttura alle attività commerciali, la Direzione decide finalmente di investire in un CRM.
L’obiettivo è quello di ridurre la proliferazione di rimedi “casalinghi” per gestire le informazioni, concentrando in un unico contenitore i processi di prevendita, le strategie di marketing e il post-vendita, così che tutti i team coinvolti possano lavorare in maniera coordinata e basata su dati affidabili.
Il progetto viene approvato, la versione standard e “pronta all’uso” del software viene installata, e tutti i reparti coinvolti ricevono una comunicazione ufficiale per partecipare ad alcune brevi sessioni formative sulle funzionalità del nuovo strumento.
Il malcontento generale, però, non tarda a farsi sentire:
Il reparto commerciale si chiede a cosa possa servire adottare un nuovo programma, quando ognuno ha già il proprio metodo “infallibile” per gestire i clienti (Excel, mail, agende, whatsapp…);
Il marketing inizia a lamentarsi che le campagne e i lead inseriti nel CRM non riflettono mai la realtà del mercato, perché i dati sono incompleti, obsoleti o scritti “secondo l’estro di ognuno”;
Il customer care non perde occasione per elogiare il vecchio sistema: “Era più comodo prima, almeno sapevamo dove cercare le informazioni”.
Situazione attuale
Il CRM è stato imposto dall’alto senza troppe cerimonie e non è stato accolto nel migliore dei modi. I commerciali, in barba alle direttive, continuano a gestire i clienti “a modo loro”: fogli Excel disorganizzati vengono condivisi nel cloud; giga di mail categorizzate in cartelle colorate con bandierine rosse a lato a definirne l’importanza, restano ben salde negli account di posta elettronica; conversazioni chilometriche su WhatsApp, vengono fotografate e archiviate senza condividere o riportare da nessuna parte i contenuti salienti. Il marketing, trovandosi con report e liste di lead che sembrano usciti da un episodio di Black Mirror, invia messaggi di fuoco lamentandosi dell’inconsistenza dei dati (incompleti, spesso duplicati o scritti male) e calcando la mano, a ogni nuova occasione, su quanto il progetto si stia rivelando fallimentare. Il customer care, pur elogiando la semplicità del vecchio sistema in ogni discorso, criticando ferocemente l’interfaccia complicata del CRM, esegue gli ordini, barcamenandosi tra i due strumenti: copia-incolla impreciso dei dati, confusione crescente su cosa sia stato aggiornato o meno, stress per l’enorme mole di lavoro aggiuntiva e frustrazione generale. La Direzione, infine, convinta che tutto procedesse per il meglio, scopre troppo tardi che i report elaborati non rispecchiano la realtà operativa: il CRM, di fatto, è un contenitore semi-vuoto, dove i dati non arrivano, sono incoerenti e restano inutilizzabili. Il progetto “rivoluzione digitale” si trasforma così in una lunga serie di scuse, imprecisioni e vecchie abitudini difficili da eliminare.
Il CRM, da potenziale soluzione definitiva, diventa rapidamente un cimitero digitale: costoso, inutilizzato e fonte di frustrazione, invece che uno strumento utile per coordinare le attività aziendali.
Cosa ci dice questo caso?
il progetto CRM si è rivelato un disastro (evitabile): le risorse che avrebbero dovuto utilizzare il sistema non sono mai state coinvolte in un’implementazione del sistema, peraltro mai avvenuta; si è dato per scontato che i fruitori, dopo le sessioni di formazione, sarebbero stati in grado di utilizzare efficacemente lo strumento;
la comunicazione è quasi del tutto inesistente: non viene spiegato il contesto, né l’importanza di avere dati affidabili, né gli obiettivi a cui si voglia mirare, trasformando lo strumento in un mero obbligo;
i contenuti risultano caotici, inutili o insufficienti a elaborare le informazioni necessarie a guidare decisioni strategiche fruttuose. Nessuno controlla la coerenza o l’utilità dei dati in entrata, accrescendo la frustrazione dei team che non percepiscono alcun vantaggio o valore aggiunto nel lavoro che stanno svolgendo;
la sensazione dei dipendenti è negativa: inserire dati “a forza” o duplicare lavoro da altri strumenti genera resistenza, scoraggiamento e scarsa motivazione;
l’approccio tenuto dai reparti e dalla Direzione ha un costo silenzioso: confusione, errori, duplicazioni e report che si rivelano inutilizzabili aumentano stress e inefficienza;
non esiste un sistema di feedback strutturato: i dipendenti si limitano a lamentarsi nei corridoi, senza avere spazi sicuri per condividere le criticità; la Direzione, dal canto suo, si limita a lamentare la scarsa qualità del dato senza però affrontare il problema
l’implicazione culturale è negativa: la gestione del progetto rinforza la sensazione che l’azienda non ascolti né valorizzi i propri collaboratori, e che il CRM sia un “cimitero digitale” più che uno strumento strategico.
Come si risolve?
Un’evoluzione digitale, per quanto piccola, parte sempre dalle persone: decidere di non chiamarle in causa o di coinvolgerle solo a giochi fatti non è mai una strategia vincente.
La vera chiave sta nel trovare un modo per entusiasmare le risorse, renderle partecipi in tutte le fasi, far capire che il loro contributo conta davvero. Solo così il CRM può smettere di essere un cimitero digitale e diventare uno strumento vivo e utile. E per dare qualche spunto di riflessione in più, occorre capire come gestire le informazioni e chi deve verificarle, evitando di riempire il sistema di dettagli superflui. Bisogna garantire che i dati restino coerenti e affidabili, perché un CRM incoerente non è solo inutile: diventa un generatore di errori. Ed è altrettanto importante che chi inserisce i dati percepisca un ritorno concreto del proprio impegno: un report più chiaro, un lavoro più semplice, una decisione più rapida.