
Caso Kaizendo
Il negozio giusto percepito nel modo sbagliato
Stiamo seguendo un cliente del settore B2C che, in questo periodo complesso, sta affrontando due criticità molto evidenti.
La prima è paradossale: pur essendo considerato un negozio affidabile, altamente tecnico ed estremamente competente, la maggior parte dei clienti lo percepisce soprattutto come “quello che è in grado di sistemare problemi, anche molto complessi, che altri hanno creato”.
Non, come invece lui vorrebbe, un punto di riferimento per acquisti di prodotti di marca o di fascia alta, sebbene la sua selezione sia sempre molto accurata e in linea con le tendenze.
Il secondo problema è altrettanto frustrante: non riesce a capacitarsi del fatto che, pur investendo in una comunicazione variegata — attraverso cartellonistica, volantini, sponsorizzazioni, un blog tecnico ben curato — questi sforzi non si traducano in nuova clientela.
La visibilità cresce, ma la conversione rimane sorprendentemente bassa.
Cosa che, invece, per alcuni suoi competitor non vale affatto: niente pubblicità, zero sforzo economico… eppure un fatturato annuale decisamente più alto.
Ascoltando questa storia, verrebbe da chiedersi se il mondo stia andando al contrario.
Ma cosa spinge davvero le persone a comportarsi in un certo modo?
La verità è che il mercato vive di meccanismi psicologici, distorsioni cognitive e scelte strategiche che spesso passano inosservate.
La psicologia dell’acquisto e l’effetto delle cattive esperienze
Per comprenderle, partiamo da un contributo fondamentale dell’economia comportamentale: nel 1979, Daniel Kahneman e Amos Tversky, due dei più importanti studiosi in materia, hanno descritto un fenomeno denominato Prospect Theory – la Teoria del Prospetto – nel quale hanno posto in evidenza come le persone tendano a valutare in maniera più significativa e psicologicamente più rilevante una perdita, rispetto a un guadagno della stessa entità.
Proprio da questa asimmetria, nel tempo, sono state elaborate molte delle strategie di prezzo che oggi vengono applicate nel mondo della vendita al dettaglio: tecniche che sfruttano bias cognitivi radicati per influenzare le scelte dei consumatori nell’acquisto di prodotti non sempre convenienti.
Il paradosso del “negozio che sistema”
Ed ecco spiegato questo fenomeno curioso: le grandi catene, spesso, non competono sulla qualità di un prodotto, ma fanno leva sulla percezione distorta del prezzo e sull’impulso emotivo del momento (come potrebbe essere lo sconto a tempo limitato).
Questo innesca una reazione irrazionale nel cliente che, attirato dall’illusione dell’affare della vita, si ritrova a dover fare poi i conti con un’amara e disastrosa realtà: il prodotto, molte volte, non si rivela all’altezza delle aspettative e il customer service non è adeguato per la risoluzione del problema.
Così, ora alla ricerca di competenza e affidabilità, si rivolge al negozio con un professionista di cui ha sentito parlare molto bene o di cui ha letto la pubblicità.
È in questo momento che si verifica il punto di rottura: il negozio intercetta il cliente alla fine di un’esperienza poco piacevole, quando è ormai scottato dalla spesa e psicologicamente sfiduciato.
In questa condizione si crea lo schema mentale per cui il negozio viene percepito come colui che ripara, aggiusta e rassicura, non quello che vende prodotti di qualità, e, siccome il nostro cervello è pigro, questa narrazione si consolida cristallizzando il negozio – quello serio, quello capace – in una sorta di “porto sicuro” mentale, l’unico luogo in cui ci si sente tutelati e finalmente ascoltati.
Paradossalmente, quindi, il negozio che vende qualità viene ricordato non tanto per ciò che propone, ma per ciò che sistema.
Una distorsione percettiva da associazione, frutto di un’esperienza negativa precedente, che nel tempo altera completamente il modo in cui valutiamo i brand e il loro reale valore.
Cambiare la narrazione per cambiare la percezione
Noi siamo partiti proprio da un cambio di narrazione, con una comunicazione:
- mirata a intercettare il cliente all’inizio del suo viaggio, quando l’emozione è al massimo e la mente è ancora aperta a nuove possibilità;
- volta a scardinare il preconcetto del “porto sicuro” in cui rifugiarsi quando l’acquisto è andato male, ribaltando la logica che aveva ingabbiato la percezione del negozio;
- intelligente e trasparente che non spinge a comprare “a tutti i costi”, ma che educa, orienta, mostra e accompagna verso scelte più informate.
Posizionamento: chi sono i reali competitor e chi vuoi essere per il tuo cliente
Se questo approccio risolve in parte anche il secondo problema, riequilibrando così il valore del negozio nella percezione del cliente, rimangono comunque ancora due nodi importanti da sciogliere: il target dei competitor contro cui confrontarsi e il posizionamento sul mercato per il tipo di clientela da intercettare.
Per quanto attiene alla prima delle due questioni è fondamentale capire chi siano i concorrenti davvero rilevanti ai fini di una comparazione.
Misurarsi contro chi non compete ad armi pari o sullo stesso piano - per esempio chi si ritrova a vivere in contesti a bassa competitività e non ha alcun bisogno di farsi pubblicità -, rischierebbe solo di generare un errore di giudizio, inducendo il negozio a inseguire dei numeri irrealizzabili e a perdere il focus sul vero posizionamento strategico.
Ed è esattamente quest’ultimo a costituire il secondo passo rilevante nel piano d’azione globale: capire con precisione dove si sia collocati nel mercato e avere le idee chiare su come si voglia essere percepiti.
Questa maggiore consapevolezza, oltre ad apportare benefici concreti alla comunicazione sopraccitata, permette anche di definire con maggior precisione il cliente ideale a cui rivolgersi, al fine di trasformare gli sforzi fatti in una conversione reale e sostenibile.
Dai primi passi alla strategia completa: un percorso in evoluzione
Sono interventi che per noi rappresentano soltanto il punto di partenza: una base solida da cui costruire un percorso di marketing consistente, ma mai rigido, che verrà modellato passo dopo passo sulla base dei dati raccolti, delle reazioni del mercato e dei comportamenti reali dei clienti.
È l’inizio di una strategia finalmente coerente, misurabile e orientata alla crescita.

Autrice
Elena Vecchiolini
Chi sono (in breve)
Mi occupo di consulenza aziendale con una spiccata passione per le persone, la gestione aziendale e la digitalizzazione.
Scrivo articoli per Kaizendo mescolando esperienza, curiosità e una sana dose di ironia. I miei temi preferiti?
Li conoscete già: HR, soft skill, strategie organizzative e tutto ciò che aiuta logica e creatività a convivere nelle scelte aziendali.
Credo nel potere delle domande (ne faccio molte), nell'istinto supportato dalla logica e nello sperimentare soluzioni che non sembrano soluzioni… finché non funzionano.
Motto personale? Non esiste un piano ben congeniato: devi saper seguire la corrente per capire come arrivare al mare.