
I quattro cappelli
Introduzione alla Role Matrix (o “Matrice dei Cappelli”)
Il giovanissimo Riccardo iniziò in azienda negli anni ’70, nel cuore del nord-est, in un’impresa di macchinari pesanti.
Nel servizio tecnico-commerciale gli consegnarono un elmetto giallo, imposto dal capo con un anticipo dei tempi in fatto di sicurezza.
Faceva il suo: pochi compiti, poche informazioni, un mondo piccolo ma perfettamente comprensibile.
Ogni tanto, però, si spingeva oltre: una domanda sul perché certi pezzi cedessero all’improvviso, o una timida proposta su come accorciare un passaggio.
Nulla di speciale, ma abbastanza da farsi notare.
Quando gli misero in mano un cappellino col frontalino — quello da allenatore di baseball — capì che qualcosa era cambiato: ora doveva gestire persone, coordinare turni, controllare costi e seguire un parco clienti tutto suo.
Inciampò subito. Non era adeguatamente preparato e, in un primo periodo, aveva continuato a ragionare come un operativo: controllava ogni dettaglio, correggeva tutti, pretendeva di sapere tutto come prima.
L’effetto era il caos: interventi intempestivi, colleghi esasperati, turni confusi, lui che finiva per fare il lavoro degli altri.
I più attenti di voi diranno: “Eh! A Peter non si sfugge! Lo abbiamo già visto nell’articolo Il Principio di Peter.
Ma Riccardo era ambizioso e sveglio: nel suo caso, non si trattava di incompetenza, ma di incongruenza tra ruolo e cappello.
Quando, infatti, capì che quel cappellino da manager richiedeva una densità informativa più ampia e un tipo di pensiero più coordinativo che operativo, s’informò e si formò, trasformandosi in un portento.
Col tempo le sue ambizioni crebbero e, dopo un’idea per lui innovativa cassata da parte della sua azienda, decise che fosse giunto il momento di aprire una propria azienda.
Un lavoro totalmente nuovo: servivano esplorazione, capacità di immaginare possibilità, di tessere relazioni, di creare scenari.
Si sentiva un po’ come un novello Indiana Jones con il suo Panama ancora rigido di negozio e, siccome le consuetudini sono dure a morire, ci mise un po’ ad abituarsi.
Gli capitò ancora di sbagliare cappello: durante una trattativa importante si presentò con l’atteggiamento del manager, pieno di tabelle e processi, quando invece servivano visione e opportunità.
Un’altra lezione: ogni cappello funziona solo nel contesto giusto, e confonderli porta facilmente fuori strada.
Gli anni passarono e Riccardo costruì una piccola fortuna. Decise così di affrontare un nuovo ruolo: quello dell’investitore, con tanto di cilindro appropriato.
All’inizio lo detestava: ridurre tutto a pochi numeri chiave gli sembrava un tradimento della sua storia, dei suoi reparti, dei suoi uomini.
Ma comprese presto che non era cinismo: era un’altra forma di lettura della realtà, una de
nsità informativa diversa. Non serviva più creare né coordinare: serviva capire al volo se qualcosa aveva senso.
Un giorno si sorprese addirittura a parlare come quegli investitori che aveva criticato da giovane.
Eppure una cosa gli era chiara — gliel’avevano insegnata proprio i suoi errori: non si cresce passando da un cappello all’altro, ma imparando a mettersi quello giusto al momento giusto.
Operativo, manager, imprenditore e investitore non erano gradini di carriera, ma diverse modalità cognitive e comportamentali.
Quattro ruoli, quattro modi di vedere il mondo
La Role Matrix rappresenta quattro modalità cognitive e comportamentali fondamentali nei contesti organizzativi: Operativo, Manager, Imprenditore e Investitore.
Non descrive gerarchie né linee di crescita, ma ruoli mentali che un individuo può assumere in momenti diversi, con responsabilità e densità informativa variabile.
L’infografica dei quattro quadranti — ciascuno con il suo cappello simbolico — mette in evidenza come i ruoli si distribuiscono lungo due assi.
Bassa densità informativa | Alta densità informativa | |
|---|---|---|
Visione Astratta | ![]() | ![]() |
Visione Concreta | ![]() | ![]() |
Asse orizzontale: densità informativa
Misura quanto la persona debba essere immersa nella complessità del fare.
Bassa densità informativa → attenzione focalizzata, poche variabili critiche, compiti ripetibili o valutazioni sintetiche.
Qui troviamo Operativo e Investitore: il primo si concentra su indicatori tecnici, il secondo su poche metriche di rendimento.
Alta densità informativa → integrazione di molte fonti, coordinamento, lettura complessa.
Qui si collocano Manager e Imprenditore: il primo nella complessità gestionale, il secondo nella complessità strategica.
L’asse richiama il lavoro sulla cognitive load theory e sulla distribuzione dell’attenzione esperta: attenzione ristretta ed esecutiva vs attenzione diffusa e integrativa.
Asse verticale: ampiezza della visione
Rappresenta la natura della funzione cognitiva dominante.
Visione concreta → realtà letta tramite processi, metriche, attività fisiche. Operativo e Manager condividono questa prospettiva “terra-terra”.
Visione astratta → realtà interpretata attraverso idee, scenari e possibilità. Imprenditore e Investitore lavorano su ipotesi, futuri possibili, sistemi.
Questo asse dialoga con exploitation vs. exploration (J.G. March) e la lettura dei contesti complessi nei modelli VUCA (Volatility, Uncertainty, Complexity and Ambiguity) e BANI (Brittle, Anxious, Non linear, Incomprehensible).
I quattro ruoli come sistemi comportamentali distinti
Operativo – elmetto giallo → competenze verticali, precisione, focus ristretto. Affine alla “task expertise”.
Manager – cappellino da coach → integrazione, coordinamento, sensemaking. Coerenza e continuità.
Imprenditore – Panama → visione, generazione di opportunità, sperimentazione. Logiche di effectuation.
Investitore – cilindro → sintesi estrema, lettura rapida, distacco decisionale. Finanza comportamentale e teoria dei portafogli.
Perché la Role Matrix non è il Principio di Peter
Il Principio di Peter sostiene che le persone vengono promosse fino al livello della loro incompetenza.
La Role Matrix ribalta la prospettiva:
- non esistono livelli superiori, solo ruoli diversi;
- gli errori derivano non dall’incapacità, ma dal cappello sbagliato nel contesto sbagliato;
- passare da un quadrante all’altro non significa crescere, ma trasformare il proprio comportamento atteso.
La maturità organizzativa come capacità di cambiare cappello
Alla fine, guardando il muro con i quattro cappelli appesi, Riccardo aveva capito che la vera maturità non consiste nel risalire la matrice come una scala immaginaria, ma nel saperla attraversare.
Aveva visto manager ragionare da operativi, imprenditori affrontare questioni strategiche con la freddezza dell’investitore, investitori calarsi in compiti da manager, e operativi schiacciati da responsabilità progettate per ruoli con visione troppo ampia.
Per questo ripeteva ai giovani che un’azienda non funziona perché tutti salgono di livello, ma perché ognuno sa quando cambiare cappello.
La maturità organizzativa è riconoscere quando un ruolo smette di essere utile e un altro diventa necessario, senza confondere la leadership con il controllo né la competenza con la presenza.
Senza mai dirlo apertamente, invitava i più giovani a evitare i suoi stessi errori: capire il ruolo prima dell’azione, la responsabilità prima del gesto, la prospettiva prima della decisione.
E quando gli chiedevano quale fosse il cappello migliore, lui sorrideva:
“Il migliore,” diceva, “è sempre quello giusto per quel momento.”

Autore
Enrico Parolin
Chi sono (in breve)
Mi occupo di consulenza strategica con un focus su digital transformation, organizzazione del lavoro e marketing.
In Kaizendo porto metodo, struttura e una certa ossessione per i dati che parlano (e per quelli che non parlano, ma dovrebbero).
Scrivo e progetto strumenti concreti per aiutare le aziende a prendere decisioni più consapevoli, ridurre gli sprechi informativi e trasformare la complessità in qualcosa di semplice, utile e operativo.
Credo nei modelli che funzionano davvero, nella ristrutturazione creativa dei processi e nell’efficacia delle soluzioni silenziose.
Motto personale? La chiarezza è rivoluzionaria.



